Si possono fotografare le geisha?

da | 30 Giugno 2022 | Articoli, turismo

La figura della geisha è da sempre avvolta da un velo di mistero e fascino che contribuisce ad arricchire la sua bellezza e la sua unicità. Uno dei simboli più caratteristici del Giappone, sembra sfuggire a qualsiasi ideale a noi conosciuto; la sua immagine è per noi tanto lontana quanto affascinante. È forse proprio questo il motivo per cui tanti turisti sono così desiderosi di addentrarsi in quello che sembra essere un mondo pieno di segreti. Cosa succede però quando la curiosità prende il sopravvento e ci si spinge troppo oltre? È questa la domanda a cui il Giappone ha risposto con una decisione radicale: in alcuni dei quartieri privati più famosi di Kyōto non è più possibile fotografare le geisha.

 

Una geisha viene fotografata mentre cammina per le vie di un quartiere

Una geisha viene fotografata mentre cammina per le vie di un quartiere {via Piqsels}

 

Chi sono le geisha?

Sulle geisha e la loro professione circola da sempre una certa confusione, tanto che vengono spesso, ed erroneamente, scambiate per prostitute. Le geisha, infatti, sono piuttosto delle intrattenitrici, o meglio, vere e proprie artiste, maestre della danza, del canto e della della cerimonia del tè. In giapponese, infatti, il termine geisha è l’unione delle parole “arte” 芸 e “persona” 者. Queste “donne d’arte”, in passato così come al giorno d’oggi, intrattengono i clienti mostrando preziose abilità frutto di un rigido periodo d’apprendimento.

Oltre alla geisha, c’è anche la maiko 舞妓 (letteralmente, “fanciulla danzante”), termine con cui ci si riferisce a un’apprendista geisha a Kyōto e nel Giappone occidentale. In altre zone del Paese, invece, la maiko prende il nome di hangyōku 半玉. 

Tutto ciò che fa parte dell’immagine di queste donne è strettamente legato a regole ben precise. Dai colorati kimono, alle pettinature elaborate, al viso truccato di bianco e le labbra rosse, fino alle geta, le loro caratteristiche infradito di legno. Il loro intero stile di vita si basa su ferrei dettami da seguire. Ancora oggi vivono in case comuni conosciute come okiya 置屋, all’interno dei cosiddetti “distretti floreali”: gli hanamachi 花街 (o “città di fiori”). Ciascuno di essi è caratterizzato da un proprio stemma che decora gli sgargianti vestiti delle geisha.

 

Gion: il quartiere delle geiko

Cinque sono gli hanamachi presenti a Kyōto: Gion (diviso in Gion Kōbu e Gion Higashi), Miyagawa-chō, Kamishichiken e Ponto-chō. Tra questi, il più famoso è sicuramente quello di Gion, dove le geisha prendono il nome di geiko 芸子.

L’antico distretto di Gion si è sviluppato nell’epoca Sengoku (1467-1615) con lo scopo di dare ospitalità ai viaggiatori e ai visitatori del tempio vicino al quale sorge, il santuario shintoista di Yasaka. Oggi è conosciuto come il quartiere delle geiko e delle sale da tè, le cosiddette ochaya お茶屋. È proprio dentro a questi locali privati che le geiko e le maiko si esibiscono in danze e canti, intrattenendo i loro ospiti.

Gion offre edifici e architetture tradizionali che hanno resistito al tempo, e sono ancora oggi piccoli gioielli: sto parlando delle caratteristiche case in legno giapponesi dette machiya.

L’area più popolare di Gion è senza dubbio quella di Hanamikoji, una via lungo la quale molte machiya sono state trasformate in ristoranti che offrono la deliziosa cucina giapponese (kaiseki ryōri). Ancora più incantevole è la “Via del fiume bianco” o Shirakawa Dōri, definita tale proprio perché costeggia l’omonimo canale. Immersa nella quiete, questa zona è piena di salici e alberi di ciliegio, che la trasformano in una vera e meraviglia durante la stagione primaverile.

Gion è inoltre protagonista di uno dei festival più famosi del Giappone che, a partire dal 1° luglio, anima il quartiere per l’intero mese: il Gion matsuri. Questa festa religiosa ha lo scopo di calmare gli spiriti dei defunti e invocare la protezione del dio del santuario Yasaka contro malattie e catastrofi naturali. L’evento più spettacolare del matsuri è senza dubbio la sfilata dei carri tradizionali, che vengono addobbati con nastri colorati e raffinati arazzi.

Tanto decantato così nei libri come nei film, Gion è un vero e proprio patrimonio da proteggere. Connubio perfetto tra tradizione e modernità, una parte del quartiere è stata dichiarata bene culturale, e Kyōto si impegna fortemente per preservarla al meglio.

 

Le geisha prima del divieto

Passeggiando lungo le vie del quartiere, ci si può imbattere facilmente in donne abbigliate e truccate come maiko e geiko. Tuttavia, molto spesso, si tratta di semplici attrici o turiste che vogliono provare l’ebbrezza di indossare i loro panni per un giorno. Riconoscere quelle vere non è facile, soprattutto per via del loro numero, ormai esiguo rispetto al passato. Infatti, se agli inizi del Novecento si aggiravano attorno alle 80.000, oggi se ne contano purtroppo poco più di mille.

Intorno a queste figure ormai così rare e desiderate si cela un mistero sempre più grande agli occhi degli altri Paesi. Portarsi a casa una foto con una geisha, o persino una loro immagine rubata, per molti turisti era e rimane una conquista. Una delle cose “da fare assolutamente in Giappone”.

 

Alcune geiko a Gion, quartiere di Kyōto

Alcune geiko a Gion, quartiere di Kyōto {Carles Tomás Martí via Flickr}

 

Il divieto di fotografare le geisha

Quello che purtroppo accade è che la voglia d’immortalare un determinato momento, di scattare proprio quella foto, spesso supera la consapevolezza di avere a che fare con delle persone. Molti sono stati gli episodi nei quali dei turisti si sono spinti oltre ogni limite. Diversi taxi sono stati circondati in attesa che scendessero le geiko; molte di loro state seguite e strattonate dai kimono, senza pudore. Alcune proprietà private sono state violate senza ritegno.

Tre anni fa, a riprova di questi comportamenti oltraggiosi, un video di una maiko e alcune geisha inseguite da turisti senza scrupoli è diventato virale, scatenando l’ira del web. Non solo non viene chiesto loro il permesso di scattare una foto, ma vengono addirittura rincorse e trattate quasi come fenomeni da baraccone. La troppa affluenza nelle strade blocca persino il traffico.

La stessa autrice del video ha sottolineato come la colpa, tuttavia, non sia da imputare solamente ai turisti. Secondo la donna, infatti, lo sbaglio sarebbe principalmente del governo, che dovrebbe fare di più per proteggere le geisha ed evitare che questi episodi si ripetano.

Nella speranza di contrastare questi e altri atteggiamenti poco consoni, sono stati proprio i residenti a votare a favore del nuovo divieto. Ormai stanchi del poco rispetto portato dai turisti, hanno chiesto che venga loro imposto di non poter più fotografare le geisha.

E così, il 25 ottobre 2019, le autorità di Kyōto hanno deciso di porre ufficialmente fine ai comportamenti di questi “fotografi molesti”. In alcuni dei quartieri privati più famosi della città, tra cui quello di Gion, scattare foto alle geisha comporta multe fino a 10.000 yen (circa 70 euro).

Lungo le strade che portano ad Hanamikoji sono stati appesi segnali che mostrano il divieto. Inoltre, sono state installate telecamere di videosorveglianza al fine di “incastrare i colpevoli”.

 

E i turisti cosa ne pensano?

Le opinioni sono contrastanti: alcuni provano dispiacere (e un po’ di rabbia), ma concordano sul fatto che questa possa essere una buona soluzione. Altri invece credono che purtroppo servirà a ben poco, perché insomma, “i furbi sono un po’ ovunque”. C’è anche chi suggerisce che questo possa essere un modo per abbandonare l’ossessione di fare foto e godersi appieno l’esperienza. Insomma, le reazioni sono tanto diverse, quanto comprensibili.

Certo è che mettere da parte la macchina fotografica permetterebbe di immergersi completamente nella bellezza e nelle tradizioni di questo Paese.

 

Due geisha a Kyōto durante la stagione della sbocciatura

Due geisha a Kyōto durante la stagione della sbocciatura {Kate Nevens via Flickr}

Akimahen: il modo corretto di visitare il Giappone

Kyōto non solo si è resa artefice della salvaguardia delle geisha, ma ha pensato bene di diffondere una guida online di semplici regole da seguire durante il soggiorno nella città. Akimahen! è infatti il termine utilizzato nel dialetto della zona del Kansai per indicare che qualcosa non si può fare, che è “proibito!”. 

Alle maiko viene dedicato un intero paragrafo: qui, tre faccine imbronciate e arrabbiate rappresentano una sorta di “rating” che sottolinea l’importanza di essere gentili e rispettosi nei loro confronti.

Sotto forma di colorate e bizzarre illustrazioni vengono riportati alcuni tra i più semplici codici di comportamento che finiscono spesso per essere i più sottovalutati. Gli esempi fanno quasi sorridere, ma dimentichiamo di quanto sia facile a volte disimparare le “buone maniere” quando siamo in viaggio e ci troviamo in un Paese diverso dal nostro.

 

Dietro la decisione di dare un freno ai turisti si cela un messaggio più generale per tutti coloro che desiderano visitare il Giappone, e non solo Kyōto. Speriamo che questo divieto possa aiutare a coltivare il rispetto in un Paese che di questo valore ha fatto il suo punto di forza. Ricordiamoci sempre di rimanere umani e lasciare una buona impressione ovunque andiamo, perché solo allora saremo degni di assaporare nella piena totalità le bellezze che un’altra cultura ha da offrirci.

 

Fonti

 

 

Revisione a cura di Silvia C.

Autore: <a href="https://hanabitemple.it/author/valentina-padovan/" target="_self">Valentina (Shiinya)</a>

Autore: Valentina (Shiinya)

Valentina, 27 anni, studentessa di lingue orientali. Sono completamente affascinata dal Giappone, dalle culture straniere e da tutto ciò che è diverso dall'ordinario. Nel tempo libero mangio libri, divoro film e scrivo articoli per Hanabi Temple con l'intento di far conoscere il paese del Sol Levante in tutte le sue più curiose sfaccettature.

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