The First Slam Dunk: tutto ciò che aspettavamo

da | 16 Maggio 2023 | Articoli, recensione

Come ho reagito alla notizia che sarebbe stato prodotto il film The First Slam Dunk?
Ho aperto l’armadio.

Come Batman si preparava all’azione entrando nella sua “caverna” e indossando il costume, io ho spalancato il guardaroba ed ho riesumato una felpa rossa con il numero 10 e un nome che troneggia nella parte alta: Sakuragi. Mi sono detta: “Questa la indosserò quando andrò al cinema”. Quando, non “Se”.

Non c’è nessun “se” per noi che nel 2000, quando Slam Dunk è apparso per la prima volta sul piccolo schermo, eravamo poco più che bambini. Tra una pagina da studiare e un esercizio aspettavamo l’ora in cui sarebbe iniziato il prossimo episodio. Quindi il 10 maggio, giorno dell’anteprima nei cinema italiani con il film tramesso in lingua originale, ero lì.

Non metto in dubbio che il doppiaggio italiano sia ottimo, in fondo in Italia abbiamo i doppiatori migliori al mondo. Però essendo abituata agli sbraitamenti di Diego Sabre, al tono ironico di Ivo de Palma e al doppiaggio quanto mai bizzarro della serie animata, non so se sarei stata pronta ad ascoltare le nuove voci dei protagonisti. La versione doppiata, in ogni caso, è stata trasmessa dall’11 al 17 maggio compresi.

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Da sinistra: Mitsui, Rukawa, Miyagi, Akagi, Sakuragi

 

The First Slam Dunk: 30 anni di attesa

Il film esce ben 30 anni dopo la prima messa in onda in Giappone (1993) e 23 dopo quella italiana (2000) e vede per la prima volta Takehiko Inoue alla regia di un film.
Dopo la conclusione della ristampa del manga in una nuova, spettacolare edizione di 20 numeri, finalmente torniamo a vedere i nostri protagonisti nel mondo animato.

Di Slam Dunk adesso si sta parlando tanto (per fortuna!) grazie a questo nuovo film. Abbiamo quindi deciso di parlarne anche noi, non solo perché si tratta di un vero capolavoro, idea condivisa finora da testate giornalistiche e appassionati. Semplicemente, è così giusto che un’opera del genere “torni in vita” che non potevamo esimerci dal grato compito di raggiungere quante più persone possibili, sia quelle che lo conoscono già che quelle che non ne avevano mai sentito parlare prima (shame on you!).

 

Ma dove eravamo rimasti?

Le avventure animate del nostro protagonista dai capelli rossi preferito, Hanamichi Sakuragi, si erano interrotte proprio sul più bello: l’inizio dei campionati nazionali.

Dopo 101 puntate ricche di fatica per arrivare a vivere il sogno di Akagi e dei suoi ragazzi, il finale non ci viene mostrato. In tutto il mondo ogni fan è fermento. Nemmeno il volume “Slam Dunk 10 Days After” era riuscito a placare il desiderio ardente di vedere il finale della storia al di fuori del manga.

Inoue ci fa aspettare un po’ ma alla fine torna. Eccome se torna. E si mette proprio lui dietro “la macchina da presa”, dirigendo e controllando ogni azione, ogni movimento, ogni sguardo. Il suo occhio c’è e si vede. Lo ringrazieremo in eterno per non aver ceduto i diritti del film a qualcun altro e ci spiega lui stesso il motivo:

“I personaggi hanno continuato a vivere dentro di me anche dopo la fine della serie. […] Inoltre, così come io stesso sono cambiato dai tempi della serializzazione del manga, ci sono prospettive che volevo descrivere ma che allora non ero in grado di illustrare del tutto e prospettive che all’epoca non mi erano visibili. Spero che apprezziate questo come un nuovo ‘SLAM DUNK’, anche se è uno ‘SLAM DUNK’ con nuovi elementi”.

The First Slam Dunk è brevissimo nelle sue due ore. Perché scorrono troppo velocemente, perché vorresti non finissero mai.

Diversamente dall’anime, il punto di vista cambia sorprendentemente. La storia non viene raccontata dal punto di vista di Hanamichi Sakuragi ma da quello inedito di Ryōta Miyagi, la cui vita privata, fino a questo momento, era quasi totalmente sconosciuta. Il suo passato, che ci fa venire una gran voglia di trasferirci a Okinawa, diventa la cornice del racconto della partita più sofferta ed emozionante, quella contro il Sannō, considerata la squadra più forte di tutto il Giappone, la vera favorita del campionato.

 

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Ryōta Miyagi

 

I “miracoli” della CGI

Lo stile del film è completamente nuovo ed estraneo a chi era abituato a vedere i personaggi muoversi in 2D nel piccolo schermo. Eppure la CGI viene utilizzata in maniera impeccabile e ci fa subito abituare a questo cambiamento. Esattamente così come era cambiato, nel manga, lo stile di Inoue, ben visibile confrontando i disegni del primo e dell’ultimo numero.

DI Inoue si sa che è un grande appassionato di basket. Durante le partite portava con sé il quaderno da disegno per immortalare i movimenti dei giocatori. Nonostante questa cura maniacale il miglioramento all’interno dell’opera è innegabile. Un perfezionamento continuato con il suo successivo manga “Real”, dove troviamo come protagonisti giocatori di basket con disabilità fisiche.

Nel film The First Slam Dunk, Inoue utilizza sapientemente un mix di 2D e 3D che si alternano e si incrociano in modo fluido al cambiare delle scene e che non crea un impatto fastidioso. Dai flashback al gioco in campo il cambiamento c’è, ma poco si nota. Sembra di guardare una fotografia in movimento.

The First Slam Dunk è davvero come se fosse un nuovo, primo, Slam Dunk. Appassionati e appassionate non troveranno una semplice continuazione della serie animata, ma un prodotto totalmente diverso. Inoue mantiene chiaramente la storia e i personaggi ma mescola le carte in tavola: cambia la grafica, cambia il punto di vista attraverso cui la storia è narrata, cambia la colonna sonora. Il suo stile è inevitabilmente maturato in 30 anni, così come lo sono i suoi personaggi, e come lo siamo noi.

Per questo The First Slam Dunk è un prodotto completamente nuovo, che ci fa provare nostalgia per la serie animata ma che non ce la fa rimpiangere.

The first slam funk akagi a canestro

Akagi a canestro

 

Shōhoku VS Sannō…finalmente!

La prima cosa che ho notato è che, CGI a parte, il film è estremamente realistico.

Il campo in cui si gioca la partita è una semplice palestra scolastica. Gli spalti non strabordano di persone che urlano cori strampalati, qualcuno inizialmente è persino annoiato. Dimenticate i miliardi di spettatori che assistevano agli scontri contro il Ryōnan o il Kainan, manco fosse una finale NBA. Però, sarà un’impressione, ma quando la partita si anima sembra davvero che le persone si moltiplichino, che il tifo sia quello di miliardi di spettatori. Forse perché iniziamo a tifare anche noi e le nostre voci si uniscono, tra le altre, a quelle di Haruko, Mito e gli altri amici di Hanamichi e alla gang di Mitsui. Un vero piacere rivederli e sederci sugli spalti con loro.

Se vi è mai capitato di assistere a una vera partita di basket, saprete che il ritmo è molto serrato, i punti si susseguono velocemente. E così è anche per la semifinale contro il temibile Sannō. Tra un flashback e l’altro, che ci fanno conoscere l’inedita storia di Ryōta, arriviamo in un attimo al secondo tempo dove, usanza vuole, si da il tutto per tutto. Nonostante i minuti siano scanditi velocemente c’è (per fortuna!) spazio per le battute, l’ironia e le scene comiche che abbiamo imparato ad amare e che hanno reso questo spokon tanto diverso dagli altri. Ma la partita non si ferma nemmeno così, tutto questo avviene solo tra un’azione e l’altra.

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Hanamichi Sakuragi, “il genio del basket”

 

Miyagi è sì il protagonista della storia, ma prima della fine verrà dedicato ampio spazio a tutti i protagonisti, e non. E tutti ci trasmetteranno lezioni preziose. Il capitano Akagi ci insegna l’importanza di lottare per i propri sogni nonostante nessun altro creda in te. Da Hanamichi impariamo che la partita, non solo quella che si gioca in campo, è finita solo se ti arrendi. Lo stesso accade con Mitsui che, usando le sue parole, “non sa proprio quando è il momento di arrendersi”. E infine Rukawa, dopo più di venti anni, capisce che quella palla va passata e dimostra che la squadra ti sostiene sempre.

Il basket diventa un mezzo di salvezza e redenzione da una vita che spesso, quasi sempre, non va come vogliamo. La palla per alcuni rappresenta lo sfogo, per altri la rivincita, e per altri ancora l’unica maniera di restare calmi e non lasciarsi sopraffare dal dolore.

E a tutte queste emozioni, esternate in sala da un silenzio palpabile e dalla tensione degli spettatori, da voce la straordinaria colonna sonora. Le musiche di The birthday e dei 10-Feet, con il brano Dai zero Kan (alzi la mano chi l’ha già impostata come suoneria del telefono), seguono i momenti cardine della partita con un ritmo che sa di rivalsa. E poi ci sono le singole note di un piano, che riempiono di nostalgia la retrospettiva sulla vita di Miyagi e sul suo doloroso passato.

Inoue ci lascia con un sorprendente finale inedito e un prezioso consiglio: nei momenti più difficili guarda il palmo della tua mano e ricordati chi sei.

 

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Le emozioni che solo Slam Dunk può trasmettere

Non sarei in grado di esprimere a parole quello che è stato per noi trentenni ritrovare Hanamichi, Rukawa, Akagi, Mitsui e Miyagi sul grande schermo dopo così tanti anni.
Emozione, pelle d’oca. Orgoglio. Un senso di unione con tutte le persone presenti in sala. Pensare che noi abbiamo conosciuto quei personaggi quando eravamo soltanto dei ragazzini e ritrovarli sempre giovani dopo 30 anni mentre noi siamo cresciuti.

Slam Dunk non era solo la nostra pausa dagli impegni ma, soprattutto, il nostro momento di gloria. Dico “il nostro” perché in quei venti minuti anche noi diventavamo giocatori di basket che lottavano per la vittoria. Quella che per loro era una partita, per noi era la quotidianità. Il nostro personaggio preferito rappresentava quindi il modo in cui avremmo voluto affrontare i nostri problemi: con coraggio, baldanza o faccia tosta.

E quando la partita era persa, capivamo con sorpresa che per quanto possiamo essere apparentemente invincibili, per quanto noi siamo i protagonisti, non si può sempre vincere. E le sconfitte sono importanti quanto le vittorie, come ci insegna bene anche The First Slam Dunk, perché ci servono ad imparare e a crescere.

 

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Consiglierei il film a chi non ha mai visto l’anime o letto il manga?

Personalmente no. Non perché la storia non sia godibile anche per chi non ne conosce i precedenti, anzi: in questo senso Inoue ha fatto un lavoro eccellente.

Semplicemente, i protagonisti sono molto di più di due ore di partita. Chi lo guarda per la prima volta non può capire appieno, per esempio, il passato appena accennato di Mitsui che lo porta ad essere subito stanco ma combattente fino alla fine. Né tutto il momento del passaggio di Rukawa, o QUELLA scena finale (una delle più alte, chi sa, sa).

Se però voleste solo godervi una bella partita animata in maniera magistrale e vivere un’esperienza irripetibile, perché di questo si tratta, allora questo è sicuramente il film giusto per voi.

 

 

 

The First Slam Dunk di Takehiko Inoue, prodotto da Toei Animation, Dandelion Animation Studio.
Distribuzione italiana di Anime Factory (da cui derivano le immagini usate in questo articolo).

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