I manga di Kabi Nagata: la scrittura come cura

da | 16 Giugno 2022 | Articoli, recensione

Quando siamo giù di morale c’è una cosa che può alleviare il dolore, ovvero parlare di noi stessi e dei problemi che ci affliggono. Che sia tramite la parola o la scrittura, per molti di noi è infatti importante aprirsi, ed è quello che fa Kabi Nagata nei suoi manga.

A marzo è stato pubblicato in Italia uno dei lavori più recenti della mangaka, le cui opere sono state molto apprezzate negli ultimi anni. Si intitola La mia fuga alcolica e, a mio avviso, la conferma come un’autrice autobiografica eccezionale e fuori dagli schemi.

Molto incuriosita l’ho acquistato, ritrovandomi ben presto risucchiata dalle sue sconvolgenti vicende. Dopo La mia prima volta e Lettere a me stessa, è il terzo volume che Nagata scrive basandosi sulle proprie esperienze di vita, di cui parla senza filtri di alcun tipo. È per questo motivo che l’ho apprezzata davvero tanto: per il modo in cui dialoga coi lettori e, soprattutto, con sé stessa. Pagina dopo pagina, sembra infatti che Nagata riesca a “redimersi” sempre di più, accettando la propria condizione.

I suoi manga sono colmi di vita vera, ecco perché ho deciso di parlarne in questo articolo, sperando di invogliare chi ancora non l’ha fatto a dare loro una chance.

 

I manga di Kabi Nagata

I tre manga di Kabi Nagata editi in Italia

 

Un diario segreto dal delicato umorismo

Nonostante siano trascorsi ormai diversi anni dalla pubblicazione del suo primo manga, non si sa ancora molto di Kabi Nagata. L’autrice, che oggi ha 35 anni e che abbiamo conosciuto tramite pseudonimo, ha sempre tenuto molto alla sua privacy, non mostrandosi mai al pubblico e non fornendo mai informazioni che potrebbero ricondurre a lei.

Si potrebbe dire che è proprio grazie alla protezione offerta dallo pseudonimo che sia riuscita a parlare di sé e delle sue esperienze in modo così dettagliato. Di recente però sembra essere saltato fuori il suo vero nome in un tweet, che non inserirò nell’articolo per rispetto verso la volontà dell’autrice di non rivelarlo. L’anonimato è quindi venuto meno e non posso far altro che chiedermi come questo impatterà sul suo lavoro.

Dopo il successo de La mia prima volta, l’autrice ha proseguito con l’autobiografia con i titoli che già conosciamo. In Italia però siamo ancora in attesa di un inedito, Meisō Senshi Nagata Kabi 迷走戦士 永田カビ, tradotto in inglese come Stray Warrior. Il manga risale al 2020, e al suo interno l’autrice parla del proprio desiderio di innamorarsi e di sposarsi.

Negli anni della sua giovinezza Kabi Nagata si è scontrata con un demone piuttosto malvagio, la depressione, capace di espandersi fino a portare mancanza di autostima, autolesionismo e problemi alimentari. Il tutto contornato da una grande solitudine e dalla mancanza di affetto, di cui l’autrice soffrirà sempre.

Queste esperienze le tratta nelle sue opere e, per quanto siano delicate e complesse, lo fa sempre con leggerezza. Non di rado è riuscita a strapparmi un sorriso durante la lettura. Con la sua ironia riesce a rendere divertenti dei momenti di vita segnati dalla tristezza. Il suo umorismo emerge anche attraverso i disegni, minimal e quasi caricaturali: il modo in cui Nagata si rappresenta è buffo, con delle espressioni spesso bizzarre.

La comicità dei suoi manga ci mostra un lato davvero gradevole dell’autrice, che nella vita reale immagino come una persona che, nonostante le difficoltà, riesce sempre a scherzare e a ridere delle proprie sventure. Non a caso, leggendo uno qualsiasi dei suoi manga, mi sembra di immergermi in un vero e proprio diario segreto, in cui chi scrive è sé stesso al 100%. Un modo diverso di parlare di depressione, dunque, che colpisce e che resta doppiamente stampato nel cuore.

 

Pagine da "Lettere a me stessa"

Pagine da “Lettere a me stessa”

 

La mia prima volta: l’inizio di un percorso letterario distruttivo ma terapeutico

“In ventotto anni non avevo mai frequentato nessuno, non avevo mai avuto alcuna esperienza sessuale e nemmeno potevo considerarmi un autentico membro attivo della società.”

Inizia così il primo manga pubblicato da Kabi Nagata: La mia prima volta: My lesbian experience with loneliness (Sabishisugite Lesbian Fuzoku Ni Ikimashita Report さびしすぎてレズ風俗に行きましたレポ), con un’introduzione diretta ed efficace. Sarà stata forse questa particolarità – che caratterizza tutta l’opera – a far sì che raggiungesse un successo pressoché immediato in Giappone e all’estero. Chiunque segua le pubblicazioni dei manga e frequenti le fumetterie, non può non essersi imbattuto in questo volume.

Nel manga Nagata racconta un episodio specifico della sua vita, e cioè di quando si è sentita talmente sola da doversi rivolgere a un servizio di escort. Decisa data e luogo dell’incontro, quindi, l’autrice si è vista con una sex worker, con la quale ha vissuto una prima esperienza sessuale. Una delle cose ad aver catturato subito la mia attenzione è la schiettezza con cui Nagata parla dell’esperienza vissuta. Credo che già dal titolo si possa intuire, infatti “La mia prima volta” non lascia troppo spazio all’immaginazione. Quello che ho pensato io e, chissà, forse altre persone oltre a me, è stato: “Ma si intende proprio QUELLA prima volta?”

Il lettore si trova così ad avere a che fare con l’onestà disarmante dell’autrice a partire già dal titolo. Nel mio caso, questo ha fatto sì che mi interessassi ancora di più al manga, e assieme alla copertina – anche questa molto esplicita – non mi ha lasciato più dubbi.

La spontaneità di Nagata, che oramai è un suo tratto distintivo, rende la lettura semplice, nonostante gli argomenti non lo siano per niente. Oltre alla vicenda della prima volta in sé, l’autrice parla infatti di tante tematiche, che sono anche quelle che danno una reale concretezza all’opera (e che ritroveremo in tutta la sua bibliografia). Depressione, solitudine, ansia, disturbi e malattie di cui soffre come quelli alimentari e l’alopecia. Kabi Nagata purtroppo non ha avuto una vita facile e tutt’ora fa i conti con tutto questo.

Pagine da "la mia prima volta"

Pagine da “la mia prima volta”

 

Le esperienze di Kabi Nagata dopo il debutto

Dopo il suo debutto, Kabi Nagata ha proseguito il suo percorso terapeutico: scrivere e disegnare manga è diventato così una sorta di cura per la sua malattia. Con Lettere a me stessa (Hitori Koukan Nikki  一人交換日記), l’autrice continua il suo dialogo interiore iniziato precedentemente con La mia prima volta, e racconta di com’è proseguita la sua vita dopo averlo pubblicato. Riprendendo quell’episodio, Nagata approfondisce le sue più grandi paure e lo fa attraverso delle lettere che scrive a sé stessa. Da qui il titolo scelto per la nuova opera, questa volta più lunga e colma di episodi di vita vissuta e riflessioni. L’autrice infatti imprime sulle lettere tanti pensieri, come si farebbe scrivendo un diario segreto.

Passa da una lettera in cui racconta di una vicenda vissuta di recente, a un’altra in cui analizza i suoi pensieri. Spesso lo fa in modo disordinato, senza seguire una direzione precisa: questa volta ho avuto la percezione che volesse mostrare ancora di più la reale Kabi Nagata e la sua vita sottosopra. Sembra voler dire: “Sono una persona reale, e la mia scrittura riflette quello che sono realmente”.

La mia fuga alcolica (Genjitsu Tôhi Shitetara Boroboro ni Natta Hanashi 現実逃避してたらボロボロになった話) è la sua più recente testimonianza di vita. Questa volta l’autrice parla di quando è stata ricoverata in ospedale con una grave pancreatite. Era il 2018, ed erano trascorsi due anni dal successo della sua prima pubblicazione. Nonostante la gioia per l’accoglienza delle sue opere, non è mai facile fare i conti con qualcosa di tanto grande, e ben presto si è ritrovata in un limbo da cui è stato difficile uscire. Nagata ha infatti iniziato ad abusare di alcol, che riusciva ad alleviare il dolore causato da un blocco artistico, ma che l’aveva anche vincolata in una preoccupante dipendenza.

A causa della pancreatite è stata costretta a un ricovero di circa 20 giorni, durante i quali ha sofferto tanto. Oltre al dolore fisico, a preoccuparla ulteriormente era il lavoro. Anche se poteva sembrare un periodo d’oro per la sua carriera, non erano molte le certezze che aveva. Da un lato, infatti, cercava di dedicarsi a opere di finzione come desideravano i genitori, di modo che evitasse di raccontare la sua vita privata. Dall’altro lato invece, sentiva la necessità di condividere l’esperienza che stava vivendo, e quindi di scrivere un nuovo manga autobiografico come aveva sempre fatto. La sua “fuga alcolica”, a mio parere, sta anche in questo: è come se volesse scappare dalla sua stessa famiglia e dal proprio pubblico per paura di essere giudicata.

La malattia mentale, che l’ha accompagnata per gran parte della sua vita, assume una nuova forma in quest’opera: quella della malattia del corpo. È doloroso assistere al deterioramento fisico dopo quello mentale. Cosa si arriva a fare a causa della depressione?

 

Pagine da "La mia fuga alcolica"

Pagine da “La mia fuga alcolica”

 

Solitudine e depressione: il vero fulcro di tutto

La solitudine quindi è il reale motivo per cui Kabi Nagata si è rivolta a un’agenzia di escort, ed è anche quello per cui è arrivata a bere talmente tanto alcol da ammalarsi. Leggendo le pagine dei suoi manga infatti, quello che traspare è il bisogno di una semplice carezza, di un abbraccio, di sentire il calore di un altro essere umano. Ecco perché se leggiamo a fondo le sue opere, ci rendiamo presto conto che non sembrano essere tanto importanti il genere o l’orientamento sessuale suo o della sex worker, quanto ciò che questa persona riesce a darle e il vuoto che riesce a colmare.

La mancanza di affetti sembra essere una costante per l’autrice: le amicizie che ha avuto, alla fine dei conti, non hanno mai fatto veramente parte della sua vita. Gli unici ad esserci sempre sono il padre e la madre, con cui ha un rapporto travagliato. Con questo non aspettatevi che siano violenti o indifferenti verso di lei, anzi, tutto il contrario. Dalle varie rappresentazioni sembrano essere invece molto presenti. Semplicemente sono genitori, che supportano i figli ma che allo stesso tempo proiettano su di loro aspettative, tra cui la stabilità economica.

Nagata ci parla quindi del rapporto d’amore e d’odio che c’è tra lei e i genitori, fonte di tante insicurezze e pressioni. In particolar modo, si concentra sulla figura della madre, a cui sembra essere attaccata quasi morbosamente: ne parla nel bene e nel male, ma ciò che infine rimane è lo smisurato amore che prova per lei. Un sentimento forte, che però non riesce a scacciare solitudine e depressione; eppure, di tanto in tanto, si intravede nei suoi racconti uno spiraglio di felicità. E questi piccoli momenti di gioia, trascorsi con vecchie e nuove amicizie, sono così intensi da lasciare una grande impronta nel cuore.

“Finalmente… qualcuno mi salverà. Voglio che mi conforti… e che sciolga questi lunghi anni di tristezza…voglio che mi abbracci, e non solo per due secondi… ero veramente, veramente triste. Ma non sapevo cosa fosse a rendermi così. Avevo solo questa brama, e speravo che sarei stata finalmente in grado di seppellirla… però sentivo che, se non avessi aperto il mio cuore… la tristezza non sarebbe mai scomparsa. […] Ma com’era che si faceva ad aprire il proprio cuore?”

 

"Lettere a me stessa", il secondo manga di Kabi Nagata

“Lettere a me stessa”, il secondo manga di Kabi Nagata

 

Leggere Kabi Nagata è un’esperienza che lascia il segno, e frasi di questo genere sono difficili da mandare giù per la tristezza che emanano.

Mi rincuora il fatto che scrivere le faccia bene e che, nonostante i dubbi, abbia sempre continuato a farlo. A volte non è semplice portare a termine qualcosa, anche se sappiamo che ci potrebbe rendere felici: il percorso può essere pieno di insidie. Sono grata però a quest’autrice per il coraggio che ha avuto nel liberarsi di tutto ciò che le provocava dolore. Così facendo ha aiutato sé stessa e tante altre persone che si sono sentite come lei e che hanno trovato empatia e conforto nelle sue parole.

È proprio per questo che, secondo me, vale la pena soffermarsi sui suoi manga: non certo per rattristarsi, ma piuttosto per farsi incoraggiare. È quello che è successo a me. E nonostante siano tutt’altro che allegre, non posso che definire le sue storie come un continuo inno alla vita.

Autore: <a href="https://hanabitemple.it/author/maria-tamburini/" target="_self">Maria Tamburini</a>

Autore: Maria Tamburini

Laureata in Lingue Occidentali, è da sempre appassionata di culture straniere, in particolare di quella giapponese. Amante di quella parte più pop del Giappone, che comprende manga e anime, è appassionata anche di arte e letteratura. Le piace molto scrivere, ecco perché, per completare le sue passioni, scrive news per Hanabi Temple.

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